La prima fase sperimentale | ||||
Il
trapianto di fegato
|
Già nel 1952 Staudacher, in Italia, a Milano, eseguiva, per primo al mondo, quattro trapianti ortotopici di fegato nel cane. Ma è Harold A.Welch nel 1955 ad Albany, USA, che dà inizio alla storia moderna dei trapianti di fegato. In quell’anno egli effettuò su cani comuni diversi omotrapianti (cioè trapianti tra elementi della stessa specie, in questo caso da cane a cane) totali (cioè con fegati interi) eterotopici (cioè lasciando in sede il fegato originario o “nativo” di ogni animale). Oggi si direbbe che quei nuovi fegati erano dei fegati “ausiliari”. Il nuovo fegato veniva posto nella doccia paravertebrale destra: ad esso veniva chiusa la vena cava sottoepatica e la sua vena porta veniva anastomizzata alla vena cava inferiore del ricevente; il flusso arterioso veniva invece ottenuto tramite l’interposizione, all’aorta del ricevente, della porzione di aorta da cui originava il tripode celiaco del donatore. La bile veniva deviata all’esterno tramite una cannula inserita nella colecisti (colecistostomia). Si ebbero 21 successi su 49 esperimenti. In realtà nessun animale sopravvisse: i fegati trapiantati funzionavano solo per 4-5 giorni, e gli animali quindi decedevano. Tale danno epatico venne erroneamente attribuito al rigetto. La corretta spiegazione di questo danno fu data alcuni anni dopo. Al tempo
di Welch esisteva un concetto erroneo di fisiologia epatica, legato ad una
erronea interpretazione della “fistola di Eck” o anastomosi
porto-cava. In queste situazioni il fegato del cane va incontro ad atrofia e ciò
era attribuito al basso flusso di sangue al fegato, in quanto il flusso portale
veniva deviato nella cava. In realtà, anni dopo, ripetuto lo stesso esperimento eterotopico di Welch
con immunosoppressione, si aveva lo stesso danno epatico, escludendo quindi
l’origine immunologica dell’atrofia, mentre tale danno non si aveva in
fegati trapiantati in sede ortotopica (cioè sostituendoli completamente ai
fegati originali degli animali). Si concluse che fattore
essenziale per evitare danni epatici simili a quelli occorsi nell’esperimento
di Welch, non era la quantità di sangue al fegato, ma il tipo di sangue. Per il
fegato è insomma essenziale il sangue portale, il sangue proveniente in
particolare, ma non solo, dal pancreas, contenente l’insulina, considerata
come un componente “epatotrofico”. L’assenza di tali componenti condanna
un fegato alla atrofia. Il primo trapianto sperimentale ortotopico su cani fu effettuato nel 1956 da Jack Cannon, ma le informazioni su tale intervento furono molto scarse. Nel 1958 invece Francis D Moore a Boston e Thomas :E. Starzl a Chicago effettuarono diversi trapianti ortotopici di fegato sui cani, ovviamente ancora senza alcuna terapia immunosoppressiva. Il rigetto compariva dopo 5-6 giorni dal trapianto e venne considerato la principale causa di morte degli animali. La sopravvivenza maggiore fu di 12 giorni e di 20 giorni rispettivamente, per i due autori sopracitati. Da tali esperimenti storici, emersero 3 conclusioni: 1) la necessità, per un buon funzionamento del fegato trapiantato, del sangue portale ”splancnico”, cioè di derivazione intestinale. 2) la necessità di una perfusione del fegato del donatore con soluzioni fredde, per la sua temporanea conservazione 3) La necessità di una CEC o Circolazione Extra Corporea veno-venosa nel ricevente. Tale circolazione, nella fase anepatica, cioè quando il fegato del ricevente è stato asportato e sono clampate la vena cava e la vena porta, permette di deviare il sangue dalla vena cava stessa e dalla vena porta, verso la vena cava superiore. Ciò avviene con un sistema di cannule e tubi. |
|